L’Agronomo segnala che…

DSC_1004Colpa della peronospora, e anche dell’oidio. Dopo 30 anni di scetticismo e ostilità l’Italia autorizza la coltivazione dei primi vitigni resistenti selezionati negli anni ’80 in Germania presso l’Istituto per la viticoltura di Friburgo (Tab.1). L’iscrizione nel Registro nazionale è avvenuta nel luglio dell’anno scorso. L’autorizzazione alla coltivazione in Veneto e Lombardia (che si aggiungono così al Trentino Alto Adige) è di questa estate. Il clima umido e piovoso di quest’anno e i pesanti attacchi delle crittogame spingono però a fare di più. Le varietà tedesche sono infatti caratterizzate da resistenze per lo più monogeniche e soprattutto hanno un ciclo breve e una maturazione precoce. Non sono adatte per tutte le Regioni italiane. La soluzione è dietro l’angolo. Il nostro Paese ha il primato della prima decodifica del genoma della vite e l’attività di ricerca negli istituti che si sono sfidati per raggiungere questo importante risultato nel 2008 non si è esaurita.

L’effetto additivo dei geni

«L’attività di miglioramento genetico della vite – spiega Riccardo Velasco del Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione Mach (San Michele all’Adige -Tn)- punta alla combinazione di diversi genotipi con resistenze di differente origine». È la cosiddetta pirimidazione: partendo da varietà di provenienza americana (come Muscadinia rotundifolia) o asiatica (Vitis amuriensis) e reincrociandole con varietà di Vitis vinifera si punta a “diluire” progressivamente il contributo del donatore esogeno (che può portare deviazioni organolettiche non gradite), ma soprattutto a concentrare più geni di resistenza in un solo genotipo élite. Fin dall’avvio di questa attività è stata infatti chiara l’esistenza di diversi livelli di resistenza (l’immunità non esiste). Sia la peronospora che l’oidio sono sensibili all’effetto additivo di geni diversi di resistenza. In Nord Europa per arrivare alle prime varietà ci sono voluti decenni di incroci e selezioni presso i centri di ricerca di Friburgo in Germania e Pecs in Ungheria. La selezione assistita con marker molecolari consente oggi di velocizzare il processo di selezione (e la verifica della presenza di più geni di resistenza) e qui entrano in gioco gli Istituti di ricerca italiani. Presso la Fondazione Mach negli ultimi 4 anni sono stati effettuati 73 incroci, che hanno dato origine a 2500 semenzali in tunnel. Per vedere in anteprima le varietà del futuro Miva (i moltiplicatori viticoli italiani) ha organizzato a San Michele all’Adige un convegno in occasione del recente Congresso nazionale. In questa circostanza Velasco ha spiegato che dalle 32mila piantine sottoposte a screening dal 2009 sono stati selezionati 200 genotipi con diversi gradi di resistenza, 98 genotipi con resistente piramidate e 223 con nuove resistenze. L’obiettivo è quello di ottenere entro pochi anni nuove varietà con almeno due geni di resistenza per oidio e due per peronospora. E oltre al carattere resistenza si punta anche a differenziare l‘epoca di maturazione e a migliorare il contenuto in terpeni, ma anche sull’apirenia dell’uva da tavola. 

Iga vicino al traguardo

Dopo anni di forzata inattività (i vitigni coltivati sono almeno bicentenari) è così ripartita l’attività italiana di miglioramento genetico della vite. E sembra ancora più vicina a raccogliere i frutti l’attività di ricerca approntata da Iga, Istituto di genomica applicata dell’Università di Udine. È attesa infatti a giorni (entro fine 2014) l’iscrizione nel Registro nazionale delle prime dieci varietà resistenti a perono- »»» spora e oidio (v. Tab.2) ottenute dal team di ricercatori friulani in collaborazione con l’Università di Udine e i Vivai cooperativi Rauscedo. Si tratterebbe del traguardo di un’attività di ricerca partita 15 anni fa che attraverso un programma di incroci progressivi di varietà di Vitis vinifera nazionali e internazionali con varietà resistenti come Bianca, Regent o “20-3” ha puntato all’introgressione di resistenze robuste e durature in nuovi vitigni caratterizzati da un ottimo profilo organolettico.

L’avversione agli ibridi

Un’iscrizione attesa (la domanda è stata presentata a fine 2013) che consentirebbe di superare per la prima volta uno scoglio normativo. La storica avversione italiana per gli ibridi produttori diretti (i fragolino e i clinto una volta tanto diffusi) ha determinato infatti il vincolo di dover iscrivere nel Registro varietale nazionale solo le categorie Vitis vinifera e “ibridi interspecifici”, di cui solo le prime sono ammesse a coltivazione per la produzione di uva da vino. In Germania prevale invece il criterio ampelografico (se i tratti predominanti sono quelli della vite europea, allora si può si può registrare come vinifera e quindi coltivare). Nel caso delle varietà friulane, il fatto che le linee di introgressione selezionate contengano una porzione nettamente preponderante di genoma di Vitis vinifera rispetto agli ibridi interspecifici conosciuti finora e il precedente dell’iscrizione delle varietà di Friburgo dovrebbero far propendere verso l’autorizzazione alla coltivazione. Anche perché l’Unione europea, nell’ultima riforma della piramide qualitativa del vino, ha introdotto una categoria che calzerebbe a pennello ai vini ottenuti con queste nuove varietà: quella dei vini varietali, appunto, che in Italia ancora stentano a decollare.

Il “sangue” nostrano

Occorre però superare alcune criticità. «La tipicità – sostiene Mauro Catena di Cantine Riunite – è il tratto caratteristico della nostra produzione, quello che ci fa vincere la sfida rispetto a i produttori del nuovo mondo. Sarebbe stato forse meglio se invece dell’introgressione del “sangue” americano o asiatico si fosse proceduto allo screening delle resistenze presenti nelle nostre popolazioni. Varietà come il Lambrusco dovrebbero contenerne ». «Negli Usa – afferma Enrico Zanoni di Cavit -, nostro principale mercato di riferimento, è soprattutto la varietà ad orientare le scelte dei consumatori. Non so se c’è spazio per nuove iscrizioni e la carta della sostenibilità è in questo caso difficile da spiegare». 

«Veniamo da un’annata – ribatte Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative –in cui gli agricoltori hanno dovuto farsi carico di costi notevoli, sia in termini di denaro che di tempo, per fare fronte ai problemi causati da peronospora e oidio. Qualsiasi soluzione che consenta di abbassare il numero dei trattamenti contribuisce alla sostenibilità economica delle aziende. E rafforza il rapporto di fiducia con i consumatori».

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117165_420x270Regime facoltativo 

Il Reg. Ue 1307/2013 (artt. 60-65) prevede la possibilità di attivare un regime per i piccoli agricoltori, con un pagamento annuale forfettario che sostituisce tutti i pagamenti diretti. Non si tratta di una tipologia di pagamento, come nel caso dei giovani agricoltori, ma di un regime che persegue l’obiettivo della semplificazione amministrativa. 

Il regime per i piccoli agricoltori è facoltativo per gli Stati membri; l’Italia ha deciso di attivarlo. Il regime è facoltativo pure per gli agricoltori; anche se l’Italia ha deciso di atti- 2014-2020 Opzione da esercitare entro il 15-9-2015 di Angelo Frascarelli varlo, gli agricoltori sono comunque liberi di scegliere se partecipare o no. 

Due scadenze: 15 maggio e 15 settembre 

I piccoli agricoltori presentano la Domanda di assegnazione dei nuovi titoli e domanda di pagamento (Domanda Unica) al 15 maggio 2015 come tutti gli altri agricoltori. 

Gli agricoltori che intendano partecipare al regime per i piccoli agricoltori devono presentare una domanda aggiuntiva entro il 15 settembre 2015 (tab. 1).

Agea deve comunicare l’importo del pagamento che spetta al piccolo agricoltore in tempo utile per permettergli di fare una scelta consapevole. Quindi il piccolo agricoltore presenterà la domanda di pagamento entro il 15 maggio 2015, come tutti gli altri agricoltori, attenderà la comunicazione di Agea relativa all’importo del pagamento e deciderà se presentare la domanda di partecipazione al regime entro il 15 settembre 2015. 

Chi non entrerà nel regime dei piccoli agricoltori entro il 15 settembre 2015, non potrà più accedervi in una fase successiva, ma potrà comunque beneficiare dei pagamenti diretti seguendo le regole previste per gli agricoltori normali. Il piccolo agricoltore può decidere di recedere dal regime dei piccoli agricoltore in un anno successivo al 2015, ma non potrà più rientravi. 

Importo del pagamento 

L’importo del pagamento annuo per ciascun agricoltore prevede un livello massimo di 1.250 euro/azienda. Tutti gli agricoltori possono partecipare al regime dei piccoli agricoltori, anche chi percepisce più di 1.250 euro, purché accetti un livello massimo di sostegno pari a 1.250 euro/azienda. 

Gli Stati membri fissano l’importo del pagamento annuo per ciascun agricoltore che partecipa al regime dei piccoli agricoltori, in base a quattro diversi metodi. L’Italia ha scelto il metodo storico: l’importo per i piccoli agricoltori è pari al totale dei pagamenti da assegnare all’agricoltore, qualora avesse fatto domanda come un agricoltore normale. Quindi i piccoli agricoltori ricevono semplicemente l’importo che avrebbero ricevuto altrimenti, pur avendo i vantaggi di semplificazione del piccolo agricoltore (tab. 1). 

Per finanziare il pagamento per i piccoli agricoltori, gli Stati membri deducono gli importi dai massimali dei rispettivi pagamenti sostituiti: pagamento di base, pagamento ecologico, pagamento per i giovani agricoltori e pagamento accoppiato. Quindi il regime per i piccoli agricoltori non assorbe un percentuale del massimale nazionale, in quanto il regime è sostitutivo degli altri pagamenti. Il pagamento per i piccoli agricoltori sarà adattato ogni anno per tenere proporzionalmente conto delle modifiche del massimale nazionale. Il massimale nazionale passerà da 3.902 milioni di euro nel 2015 a 3.704 milioni di euro nel 2020, quindi la riduzione del pagamento per i piccoli agricoltori tra il 2015 e il 2020 sarà del 5%.

I vantaggi 

In Italia, gli agricoltori potenzialmente interessati al regime semplificato sono moltissimi. Attualmente in Italia i beneficiari sotto i 1.000 euro sono il 59%, anche se assorbono solo il 7,2% del massimale nazionale (tab. 2). Si stima che gli agricoltori al di sotto di 1.250 euro di pagamenti diretti siano circa 750.000, pari circa due terzi degli attuali beneficiari, anche se essi assorbono meno del 10% del massimale nazionale. Gli agricoltori che partecipano al regime hanno una serie di vantaggi: 
- sono esonerati dalle pratiche agricole del greening; 
- la domanda di accesso al sostegno è più semplice; 
- la condizionalità e i controlli sono semplificati. 

Il regime di sostegno semplificato per i piccoli agricoltori stimola una considerazione. La nuova Pac intende tutelare e favorire la presenza dei piccoli agricoltori, in quanto viene riconosciuto il loro contributo alla vitalità delle zone rurali. 

L’Ue afferma, infatti, che il regime dei piccoli agricoltori dovrebbe prefiggersi l’obiettivo di sostenere l’attuale tessuto agricolo dell’Unione, caratterizzato da aziende di piccole dimensioni, senza che ciò vada a detrimento dell’evoluzione verso strutture più competitive.

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117030_420x270Mercato a due velocità per cereali e oleaginose. Mentre le quotazioni di frumento tenero, mais e soia sono in calo rispetto a un anno fa, per il frumento duro si registrano invece prezzi in controtendenza. 
Dal raffronto dei listini di queste settimane della borsa merci di Bologna con quelli di 12 mesi fa (v. tab.1), balzano subito agli occhi le perdite di prezzo alla produzione subite dal grano tenero fino (-8,6%) del mais (-15,7%) e dei semi di soia (addirittura -24,7%). Performance mercantili che pongono seri interrogativi sulla redditività di queste colture e sulle scelte produttive che i cerealicoltori italiani stanno effettuando in occasione delle semine autunnali. 

Un miliardo di tonnellate

D'altro canto, le rese, grazie al buon andamento stagionale, hanno portato a produzioni in qualche caso record, come nella Pianura Padana lombardo-veneta, ove si sono raggiunte comodamente rese di circa 14 t/ ha di granella di mais. Record peraltro registrati globalmente in ogni parte del mondo, dall'Europa agli Stati Uniti, tanto che le stime più accreditate, in particolare l'Usda, indicano produzioni mondiali più elevate rispetto all'anno passato, sia per il mais (+3/4%), sia per il frumento (+7/8%), sia per la soia (+6/7%). 
Nello specifico, il granoturco arriverebbe a sfiorare una produzione record di poco inferiore a un miliardo di t di granella. Questo sia per effetto di un andamento climatico che pare favorevole in gran parte dei continenti, che in conseguenza dell'aumento costante delle superfici mondiali seminate con ogm che, solo negli Stati Uniti, hanno garantito rese medie comprese fra 10,5 e 11 t/ha. Negli anni ottanta, in Nord America si raggiungevano malapena le 8 t/ha. 

Duro in controtendenza

Sul fronte opposto sta il grano duro. Rispetto a un anno fa registra aumenti di prezzo alla produzione fino al 18% con superfici rimaste pressoché ferme. La buona qualità, ma soprattutto la richiesta dell'industria italiana, per la maggior parte localizzata al nord del Paese, hanno rinnovato l'interesse verso un prodotto made in Italy, proveniente dalle regioni settentrionali, senza ricorrere al mercato estero, non sempre scevro di sorprese dal punto di vista commerciale e qualitativo. Da questi dati, sembrerebbe quindi che i produttori siano orientati a seminare più frumento duro che in passato, con l'incognita poi di dover fare i conti a giugno-luglio 2015 con maggiori quantitativi offerti sul mercato e quindi con prezzi inferiori a quelli di questi mesi.

Occhio ai costi di produzione

E' necessario però, oltre a inseguire esclusivamente i prezzi e quindi, di volta in volta la coltura più remunerativa dal punto di vista mercantile, dare un'occhiata anche ai costi di produzione. O meglio, è strategico verificare, ai prezzi di mercato correnti, quale produzione bisogna ottenere per coprire i costi produttivi. Ebbene, dal raffronto fra costi di produzione e prezzi di mercato, risulta che in questo momento, per ottenere un guadagno, sarebbe necessario produrre almeno 6 t/ha di frumento tenero, 4,2 t/ha di duro, 14 t/ ha di mais e 4,5 t/ha di soia (v. tab.2). 
Quindi non solo prezzi, ma anche costi di produzione. Lasciando la scelta finale al singolo produttore, va considerato, infine, che diversificare, anche alla luce delle nuove regole imposte dalla nuova Pac in termini di greening, sarà come sempre la strada più sicura.

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117025_420x270Nella storia della Pac le misure a favore del ricambio generazionale sono sempre state collocate nell’ambito del 2° pilastro (PSR). Con la Pac 2014-2020, per la prima volta un sostegno all’insediamento dei giovani agricoltori viene inserito nel 1° pilastro con l’introduzione di una componente obbligatoria nel nuovo regime dei pagamenti diretti. L’Ue sostiene che la presenza di attività economiche gestite da giovani agricoltori è un aspetto essenziale per la competitività del settore agricolo, per cui è opportuno sostenere l’insediamento iniziale dei giovani e l’adeguamento strutturale delle relative aziende nella fase successiva all’insediamento. A tal fine, nei pagamenti diretti della nuova Pac 2014-2020 è previsto un pagamento per i giovani agricoltori. 

1% del massimale ai giovani

Il Reg. 1307/2013 prevede7 tipologie di pagamenti diretti di cui 3 obbligatorie e 5 facoltative per gli Stati membri. L’Italia ha deciso di attivare 5 tipologie di pagamenti (tab. 1): 
- pagamento di base: 58% del massimale nazionale; 
- pagamento ecologico (greening): 30%; 
- pagamento per i giovani agricoltori: 1%; 
- pagamento accoppiato: 11%; 
- pagamento per i piccoli agricoltori. 
Ai giovani agricoltori è stato destinato un plafond dell’1% del massimale nazionale.

I beneficiari: 40 anni per i primi 5 anni

I beneficiari del pagamento sono le persone fisiche che possiedono i seguenti requisiti: 
- età inferiore ai 40 anni; 
- si insedino per la prima volta come capo-azienda, o che si siano già insediate nei 5 anni che precedono la prima presentazione di una domanda per aderire al regime del pagamento di base (quindi la data limite è il 15 maggio 2010). 

Il pagamento è limitato alla fase iniziale del ciclo di vita dell’impresa e non deve trasformarsi in un aiuto al funzionamento, per cui esso è concesso per un periodo di cinque anni
Se l’insediamento è avvenuto prima del 2015, il periodo quinquennale viene ridotto del numero di anni trascorsi tra la data del primo insediamento e la data della prima domanda per aderire al regime del pagamento di base, ovvero il 2015. Ad esempio, se un giovane agricoltore si è insediato nel 2013, il pagamento per i giovani agricoltori viene concesso per tre anni (2015, 2016 e 2017).

Il plafond 

Il Reg. 1307/2013 prevede che il plafond destinato al pagamento per i giovani agricoltori non può essere superiore al 2% del massimale nazionale. L’Italia haprevisto una percentuale dell’1%. Questa scelta potrebbe essere interpretata come un segnale di scarsa attenzione ai giovani agricoltori, ma non è così. Le motivazioni che hanno ispirato questa scelta sono due: 
1. evitare una sottoutilizzazione del plafond, che avrebbe comportato fondi inutilizzati che sarebbero tornati nelle casse comunitarie; 
2. utilizzare la riserva nazionale per coprire il fabbisogno necessario a soddisfare tutte le richieste dei giovani agricoltori. 
Con questa scelta i giovani agricoltori italiani hanno la certezza di percepire il livello massimo di pagamento ammissibile. Infatti, anche con un massimale dell’1%, l’Italia garantisce la quota massima di finanziamento ai giovani agricoltori attingendo, se necessario, alla riserva nazionale.

L’importo del pagamento

L’importo del pagamento, sulla base delle scelte italiane, si ottiene moltiplicando il numero dei titoli attivati dall’agricoltore per il 25% del valore medio dei titoli all’aiuto detenuti dall’agricoltore stesso, in proprietà o in affitto. In altre parole, il giovane agricoltore percepisce un pagamento maggiorato del 25% del pagamento di base. 

Questo metodo di calcolo suscita molte perplessità. Infatti il pagamento è proporzionale al valore dei titoli individuali; quindi un giovane agricoltore che ha ereditato da un genitore titoli di valore elevato, ottiene un pagamento elevato e viceversa. 

In questo modo lo status di giovane agricoltore viene premiato in modo differente, tenendo conto del valore dei titoli storici invece che della condizione anagrafica. 

La Conferenza Stato-Regioni ha giustificato questa scelta con il fatto che questo metodo di calcolo garantisce il più alto livello di erogazione a favore dei giovani agricoltori nel complesso del nostro Paese, anche se genera un trattamento variabile e iniquo tra un giovane e l’altro. 

Il numero massimo di ettari ammissibili al pagamento è stato fissato a 90. Ad esempio un giovane agricoltore che possiede 200 ettari, percepisce il pagamento per 90 ettari. 

Gli effetti 

Il pagamento ai giovani agricoltori è un segnale politico importante che dimostra l’attenzione della Pac nei confronti delle imprese giovani e del ricambio generazionale in agricoltura. 

Dal punto di vista pratico, tuttavia, il beneficio per un giovane agricoltore è limitato; l’importo del pagamento è di limitata entità e non apporta un miglioramento significativo del risultato operativo aziendale. La media italiana del pagamento sarà pari a circa 45 €/ha; infatti l’importo medio del pagamento di base sarà di circa 179 €/ha a cui corrisponde un pagamento per i giovani agricoltori di 45 €/ha. Esemplificando, un giovane agricoltore con il massimo degli ettari ammissibili (90 ha) riceverà circa 4.000 €/ha per cinque anni. Quindi un giovane agricoltore che si insedia e presenta domanda alla riserva nazionale nel 2015 (o anni successivi) percepirà i seguenti importi dei pagamenti diretti: 
- pagamento di base: 179 €/ha; 
- pagamento per giovani agricoltori: 45 €/ha; 
- pagamento verde: 93 €/ha; 
- per un totale di 317 €/ha circa cui si aggiunge il sostegno accoppiato, se il giovane agricoltore pratica una coltura o un allevamento che rientrano in tale pagamento. 

La situazione è diversa se il giovane possiede diritti di valore elevato derivanti dalla sua situazione storica (ad es. perché si è insediato prima del 2015) o perché ha ereditato da un genitore diritti di valore elevato. 

Un esempio di questo secondo caso è riportato in tab. 3 dove un giovane agricoltore si insedia nel 2015, ereditando i diritti del genitore, che possedeva titoli di valore superiore alla media nazionale; in tal caso il pagamento per il giovane agricoltore è di circa 100 €/ha;, ben superiore rispetto ai 45 €/ha; (media nazionale) di cui abbiamo parlato sopra. Il giovane agricoltore subisce tuttavia gli effetti della convergenza, come tutti gli altri agricoltori (fig. 1). 

La prima volta nel 1° pilastro 

L’analisi del pagamento per i giovani agricoltori dimostra che l’importo è di piccola entità e, certamente, non sarà tale da convincere un giovane a insediarsi in un’azienda agricola. Tuttavia, la nuova Pac introduce per la prima volta un livello di aiuti riservato ai giovani agricoltori (anche se solo dell’1%); è l’inizio di un percorso che potrà essere potenziato nelle prossime riforme della Pac. 

Inoltre, bisogna ricordare che la politica più importante a favore dei giovani continua ad essere collocata nel secondo pilastro dove, in continuità con le azioni intraprese durante la programmazione 2007-2013, Vi sono misure più consistenti a sostegno dell’imprenditoria giovanile (premio di insediamento, incentivi agli investimenti aziendali), con la novità di poter attivare un sottoprogramma specifico per i giovani agricoltori.

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115822_420x270Con l’accordo politico sull’attuazione nazionale della Pac 2014-2020, raggiunto lo scorso 12 giugno in Conferenza Stato-Regioni, si può considerare concluso il processo di definizione a livello nazionale dei criteri di applicazione delle misure di sostegno accoppiato al settore primario previste dalla nuova Pac. 
Il plafond assegnato al sostegno accoppiato (art. 52 del Reg. 1307/2013) si attesta intorno a 420 milioni di € pari all’11% del massimale nazionale. 
Il documento sull’attuazione della nuova Pac prevede la ripartizione del suddetto plafond nei seguenti macropiani: 
- zootecnia (211,8 milioni di €);
- seminativi (147 milioni di €);
- olio d’oliva (70,4 milioni di €).
Nella distribuzione delle risorse, quindi, un ruolo determinante è stato assegnato al settore della zootecnia che avrà a disposizione quasi il 50% delle risorse destinate alla suddetta tipologia di pagamento. 

Tre premi
All’olio di oliva, saranno destinati 70 milioni di €, quindi solamente il 16,4% del plafond.
Sono previste tre misure: 
1) premio base olivo: per le superfici olivicole localizzate nelle regioni in cui la superficie rappresenta almeno il 25% della Sau regionale (Calabria, Liguria e Puglia); 
2) premio aggiuntivo olivo: destinato alle superfici olivicole localizzate nelle regioni “Obiettivo Convergenza” in cui la superficie olivicola rappresenta almeno il 25% della Sau regionale (Calabria e Puglia), caratterizzate da pendenza media superiore al 7,5%;
3) premio olivicoltura con rilevante importanza economica sociale territoriale ed ambientale: la misura interessa le superfici olivicole aderenti a sistemi di qualità. 
L’appello lanciato dalle Unioni nazionali delle Op e delle Associazioni olivicole per destinare all’olivicoltura una dotazione congrua delle risorse per il sostegno specifico di cui all’art. 52 del Reg. 1307/2013 (aiuto accoppiati) è stato solo parzialmente accolto considerato che: 
- il settore olio di oliva ha percepito ogni anno circa 720 milioni di €;
- il massimale nazionale Pac diminuirà del 10% circa mentre la dotazione finanziaria della Pac annualmente inintercettata dal settore si ridurrà quasi del 50% a causa soprattutto della convergenza interna; 
- è il settore che con l’attuazione della Pac 2014-2020 perderà maggiori risorse (da 720 milioni di € a 380 milioni di €);
- attraverso il nuovo sostegno accoppiato, recupererà solo una piccola parte delle risorse che lo stesso perderà con l’attuazione della nuova Pac. La perdita, infatti, si aggira intorno a 340milioni di €.
Il budget destinato alle tre misure, quindi, permetterà al settore di recuperare solo le risorse che lo stesso perde a causa dell’attivazione della tipologia di pagamento accoppiato (73 milioni di € circa). 
Il sostegno accoppiato per l’olio di oliva sarà, fondamentalmente, una semplice partita di giro. 

Un sostegno inutile
Chi ha lavorato al documento non ha valutato l’elevato livello di rischio nel quale si trova l’olivicoltura nazionale e l’impatto negativo della nuova Pac (i gravi danni provocati dalla convergenza interna alle aziende olivicole). 
Da anni il settore è afflitto da una situazione di difficoltà economica che si sta manifestando con un processo di abbandono produttivo particolarmente significativo in alcune aree del Paese.
Il sostegno accoppiato avrebbe dovuto essere concesso esclusivamente a quei settori o a quelle regioni in cui determinati tipi di agricoltura o determinati settori agricoli, che rivestono particolare importanza per ragioni economiche, sociali o ambientali, si trovano in difficoltà.
L’olivicoltura avrebbe dovuto ricevere una dotazione congrua delle risorse per il sostegno accoppiato. Così non è stato. Si è preferito attuare la classica politica degli aiuti a pioggia che ha generato un sostegno accoppiato inutile, con poche decine di €/ha. 
Si è lavorato per mesi su un documento che sicuramente non apporterà nessun vantaggio alle aziende olivicole e non solo. 
Nonostante l’olivicoltura italiana rischi seriamente di sparire, si ha l’impressione che i decision makers non abbiano nessun interesse per questo settore.

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xylellaLe misure prevedono:
a) l’identificazione delle “zone infette” e le zone circostanti denominate “zone cuscinetto”. A tale riguardo, verranno  istituiti, nella zona indenne a nord della provincia di Lecce, una “zona cuscinetto” immediatamente a ridosso della zona infetta della Provincia di Lecce, che si estende dallo Ionio  all’Adriatico, articolata in una profondità di 2 km, nonché un ulteriore “cordone fitosanitario” di altri 2 km di profondità, ad adeguata distanza dalla prima verso Nord;
b) l’avvio immediato del monitoraggio “a tappeto” ai margini settentrionali della zona infetta in una fascia contigua alla zona cuscinetto di 1 km di profondità;
c) interventi nella “zona cuscinetto” e nel “cordone  fitosanitario” consistenti in un monitoraggio costante a maglie strette, trattamenti con fitofarmaci e interventi agronomici contro gli insetti vettori, eliminazione delle piante ospiti ed  estirpazione di piante infette;
d) potenziamento dei controlli sull’eventuale presenza  dell’infezione nei vivai della zona infetta e rigoroso controllo della movimentazione dei prodotti “a rischio”;
e) piano di controlli in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato e l’Ispettorato repressione frodi (Icqrf), soprattutto per quanto concerne la movimentazione del materiale “a rischio”;
f) indagini mirate sull’intero territorio nazionale;
g) campagna di comunicazione e informazione.
Intanto, aumenta il plafond di risorse che la Regione Puglia destina all’emergenza Xylella.
Infatti, con delibera di Giunta, alla già importante dote di 4 milioni di euro destinati alla lotta al batterio, si è aggiunto un ulteriore stanziamento di 2 milioni di euro.

Fonte: http://www.agricoltura24.com/al-via-il-decreto-emergenza-xylella/0,1254,54_ART_8688,00.html

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DSC_0599L’agricoltura conferma e rafforza il suo ruolo di forza motrice dell’economia nazionale e anche con il nuovo sistema di calcolo del pil rimane l’unico settore in territorio positivo, portandosi a un +0,6% di valore aggiunto in riferimento al 2013, il doppio di quanto registrato con il vecchio sistema di calcolo.

Una performance significativa, che l’agricoltura mette a segno dopo due anni negativi nel 2011 e 2012 e che si deve all’irrompere, come sottolinea Coldiretti, di nuove attività imprenditoriali che stanno incontrando un crescente consenso di pubblico. Dalla produzione di energie rinnovabili, alle fattorie didattiche, dagli agriasili, alle vendite dirette in azienda e nei mercati degli agricoltori, il business della campagna si irrobustisce con i nuovi filoni, proposti soprattutto da imprenditori giovani alla ricerca di soluzioni che battano la crisi e consentano quella redditività che sul fronte produttivo è praticamente scomparsa con l’aumento dei costi a carico delle aziende e la contemporanea diminuzione dei prezzi all’origine.

Sulla base di questi dati scintillanti, oscurati solo dal calo delle unità di lavoro, la Cia «chiede al governo di cominciare a investire sul serio sul comparto, nella considerazione che rappresenta un asset sempre più strategico per la ripresa nazionale».Per Confagricoltura i nuovi dati Istat «mettono in rilievo una dinamica positiva del valore aggiunto agricolo che lascia ben sperare. Siamo comunque al livello del 2009. Come dire che in questi cinque anni non è stata creata ricchezza. Mentre calano notevolmente nello stesso periodo le unità di lavoro impiegate (-7% rispetto al 2009), comunque meno di quanto flettono per industria e costruzioni (rispettivamente -10% e -16%)».

Intanto continuano a calare i consumi alimentari nei primi sette mesi, registrando su base annua -0,7% in valore e -1% in volume. Sono i dati Ismea-Gfk-Eurisko, che confermano un trend già riscontrato nel 2013, quando la spesa alimentare aveva subito una riduzione di oltre il 3%. Nel dettaglio, risulta pesante il bilancio per i lattiero caseari (-4,8% le quantità acquistate dalle famiglie italiane), soprattutto a scapito di latte e formaggi freschi. Si attenua invece la dinamica negativa per l’ortofrutticolo (-1%), a fronte però di prezzi al consumo inferiori ai livelli dello scorso anno. Risalgono la china gli acquisti di carni che, dopo il pesante stop del 2013, recuperano complessivamente mezzo punto percentuale. A trainare il comparto è ancora il pollame, il meno caro.



Fonte: http://www.agricoltura24.com/nuovo-pil-agricoltura-unico-settore-positivo/0,1254,54_ART_8675,00.html

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«Mio padre Stefano ha novant'anni, fa il viticoltore da sempre e in questi giorni non fa altro che ripetere che un'annata così neanche lui l'ha mai vista». Nelle parole di Daniele Accordini, direttore della cantina sociale di Negrar, nel cuore della Valpolicella (Verona), c'è forse il senso di questa pazza estate e delle difficoltà di una vendemmia che ancora non è entrata nel vivo e in molti casi nemmeno è cominciata.

Anticiclone questo sconosciuto Il primo elemento che caratterizza quest'annata è il forte ritardo nella maturazione delle uve. Il clima mite e l'abbondanza di piogge infatti hanno ribaltato una situazione che negli ultimi anni sembrava diventata strutturale. Il gran caldo diffuso lungo tutti i mesi estivi nelle recenti annate (due anni fa si contarono in estate ben 7 anticicloni dai di Giorgio dell'Orefice - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/fPb5dN

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