Finisce sotto inchiesta l'emergenza Xylella fastidiosa, che in autunno ha colpito, seccandoli, centinaia di ulivi del Salento e che, in aprile, ha già portato all'abbattimento di 104 piante. La Procura di Lecce ha aperto un fascicolo, al momento a carico di ignoti, e delegato l'acquisizione di documenti e l'ascolto di testimoni al Nucleo investigativo del Corpo forestale dello Stato. L'obiettivo è capire come e quando il batterio killer sia arrivato nel Tacco d'Italia e se la strategia d'urto messa a punto dalla Regione al fine di contenere l'emergenza sia stata equilibrata ed efficace.
Tanti, infatti, sono i dubbi avanzati nei mesi scorsi dagli ambientalisti sulla reale portata del problema, messi nero su bianco in tre esposti finiti sulla scrivania del sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone. Gli interrogativi riguardano innanzitutto l'arrivo della Xylella in Europa, introdotta presumibilmente per la prima volta nel corso di un convegno internazionale tenuto a Bari nel 2010 e organizzato da Cost 873, rete europea di scienziati che annovera al suo interno studiosi di fama mondiale. In quella circostanza - denunciarono poche settimane fa gli ambientalisti - per la prima volta fu lanciato l'allarme sul "pericolo xylella alle porte" e furono portati in Puglia anche campioni del batterio al fine di effettuare sperimentazione.
A distanza di tre anni il killer degli ulivi è comparso in una vasta zona intorno a Gallipoli e ha fatto ammalare centinaia di piante, per cui secondo la magistratura è necessario capire se l'origine della malattia delle piante salentine possa essere fatta risalire a quella circostanza o se la Xylella sia arrivata successivamente e tramite altri vettori. Bisogna inoltre capire se i rimedi messi in campo siano o meno adeguati. La Regione, infatti, in autunno ha avviato azioni immediate e mirate, sotto il pressing dell'Unione Europea, che ha ripetutamente minacciato di mettere in quarantena il Salento. I provvedimenti si sono articolati su vari livelli (dall'eradicazione degli alberi, alla distruzione della legna fino al blocco delle piante dei vivai di una parte della provincia di Lecce).
L'obiettivo conclamato - stando a quanto ha ripetutamente asserito l'assessore regionale all'Agricoltura, Fabrizio Nardoni - era evitare il contagio di altri ulivi e anche di altre specie vegetali. A tale fine, un mese fa, è stato disposto il taglio di 104 alberi nei territori di Trepuzzi, Squinzano, Soleto e Sternatìa, in un'area fino ad allora apparsa immune dall'azione del batterio. In quella circostanza i proprietari dei fondi danneggiati lamentarono la scarsa informazione da parte della Regione rispetto agli imminenti tagli e asserirono che erano state eliminate anche piante sane.
Da Bari, gli uffici competenti, hanno invece continuato a difendere il proprio operato ma la Procura di Lecce ha deciso di vederci chiaro, perché troppo grande è il rischio che qualcosa di poco chiaro possa celarsi dietro l'emergenza che rischia di mettere in ginocchio uno dei settori più vitali dell'agricoltura salentina. Gli uomini della Forestale, coordinati dall'ispettore Antonio Panzera, nei giorni scorsi hanno acquisito la documentazione ritenuta necessaria presso l'Osservatorio Fitosanitario regionale, nonché gli atti del convegno Cost del 2010 ed hanno effettuato sopralluoghi nella zona rossa di Gallipoli e in quella colpita dai recenti tagli di alberi. Nei prossimi giorni il pm nominerà un pool di consulenti (biologi e fitopatologi) al fine di verificare la correttezza delle analisi sulle piante, effettuate nello scorso autunno dall'Università di Bari.
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