imagesCome ben noto dalla campagna 2015 entra in vigore la riforma della PAC. Agea ( organismo pagatore) ha emanato una circolare contenente le istruzioni per la compilazione e la presentazione della domanda unica di pagamento nella campagna 2015.

Le novità più rilevanti:
  • l’idea di selezionare la platea dei beneficiari dei pagamenti diretti, escludendo da essa gli agricoltori  non attivi” , in modo da evitare che il sostegno della PAC vada a chi non svolge effettivamente un’attività agricola;
  • il mantenimento del disaccoppiamento dalla quantità prodotta come criterio-guida del sostegno della PAC (pagamento di base);
  • la scomposizione del pagamento unico aziendale in più componenti, in modo da assicurare a tutti un  pagamento di base a fronte di una condizionalità di base, ma aggiungendo ad esso una serie di altri  pagamenti disegnati in modo selettivo rispetto ai diversi obiettivi da perseguire e ai beneficiari da raggiungere: greening, giovani produttori, piccoli agricoltori, comparti strategici da sostenere con aiuti  accoppiati;
  • il superamento dei pagamenti basati sul criterio storico e della loro differenziazione eccessiva e non più  giustificabile, secondo un percorso di uniformazione graduale e ragionevolmente gestito dagli Stati  membri. L’applicazione di  un meccanismo di parziale e graduale avvicinamento del livello medio dei pagamenti diretti nei diversi Stati membri (la “convergenza”) per ridurre le notevoli differenze oggi  esistenti e difficilmente giustificabili sul piano politico;
  • la riproposizione del cosiddetto capping, ovvero di un sistema di tetti progressivi ai pagamenti più elevati, allo scopo di correggere  una distribuzione del sostegno a volte troppo sperequata tra i  beneficiari.

Per consultare direttamente la circolare AGEA Prot. N. 476/UM.2015 del 23 marzo 2015 clicca qui

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etichette-carni-fotogramma-k0bD--258x258@IlSole24Ore-WebBraciole e arista di maiale come pure cosciotti e carrè di agnello hanno da oggi la carta di identità e non potranno più circolare confezioni senza le informazioni obbligatorie. I consumatori di carne di suino, ovino e volatile da oggi possono leggere in etichetta le informazioni relative al luogo in cui l’animale è stato allevato e macellato. «La trasparenza delle etichette è un nuovo stimolo per il miglioramento della qualità - afferma Confagricoltura -. Ora occorre continuare a lavorare con impegno per favorire la tutela....

di Emanuele Scarci - Il Sole 24 Ore - leggi 

1c7e3187-e854-4b94-bf6e-44e200ecc1daIn vista dei prossimi bandi del nuovo PSR 2014-2020 è necessario chiarire alcuni termini che spesso sono presenti nelle misure che vengono approvate tramite PSR.
Prima di tutto è necessario chiarire la differenza fra Imprenditore Agricolo Professionale (IAP) e Coltivatore Diretto (CD).
La figura dell’imprenditore agricolo è oggi descritta nel decreto legislativo 228 del 2001
“E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attivita': coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attivita’ connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attivita’ dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Registrarsi come imprenditore agricolo professionale IAP è possibile solo se il lavoratore autonomo dedica almeno il 50% del proprio tempo lavorativo e che ricavi dalle attività medesime almeno il 50% del suo reddito annuo. Percentuale che scende al 25% del proprio tempo lavorativo e che ricavi dalle attività medesime almeno il 25% del suo reddito annuo se lo IAP opera in zone considerate svantaggiate.
Oltre a questi due requisiti, l’imprenditore agricolo deve essere in possesso delle qualifiche professionali necessarie per portare avanti la sua attività agricola.
In linea generale, sono riconosciute come competenze professionali necessarie tre anni di lavoro in un’azienda agricola, oppure il possesso di un titolo di studio come una laurea o un diploma superiore ad indirizzo agrario o assimilabile. Il riconoscimento di status di imprenditore agricolo è utile ai fini della tassazione e delle agevolazioni regionali.
L’imprenditore agricolo è obbligato all’iscrizione al registro delle imprese. L’iscrizione va presentata entro 30 giorni dall’inizio dell’attività.
La modulistica predisposta è divisa in due tipi, a seconda se a presentare l’istanza è una persona fisica o una società. I modelli possono essere scaricati dal sito dell’ Agenzia delle Entrate oppure dal sito delle Finanze.
Da ricordare che ogni attività agricola ha un codice identificativo ATECO. L’imprenditore commerciale è obbligato all’uso dei libri contabili. Gli imprenditori agricoli singoli e le società agricole semplici non hanno l’obbligo di tenere le scritture contabili (art. 2214).

La figura professionale del coltivatore diretto è un lavoratore autonomo impegnato nella coltivazione diretta di unterreno agricolo. Il fondo non necessariamente deve essere di proprietà, può essere affittato e la normativa comprende anche le attività di allevamento.
Per essere riconosciuti tali e per poter essere iscritti nell’appositasezione dell’I.N.P.S., il coltivatore diretto deve impiegare un minimo di 104 giorni lavorativi all’attività e deve essere svolto con abitualità e prevalenza. I lavori necessari devono inoltre esse svolti dal nucleo familiare per almeno un terzo.
Per l’iscrizione negli elenchi dei coltivatori diretti è necessario presentare all’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) un apposito modello denominato CD1 (dichiarazione aziendale relativa alla conduzione d’impresa diretto coltivatrice (art. 14 della Legge 233/90) entro 90 giorni dalla data d’inizio attività.
Quindi tale figura sociale è riconosciuta a chiunque svolga abitualmente e manualmente la propria attività agricola, di allevamento e attività connesse, a condizione che sia in grado di assicurare, da solo o con il proprio nucleo familiare, almeno un terzo della forza lavoro complessiva richiesta dalla normale conduzione, a qualunque titolo (proprietario, affittuario, usufruttuario, enfiteuta, dell’azienda agricola.
Il coltivatore diretto, a differenza di un imprenditore agricolo professionale che si avvale di manodopera salariata, impiega nella conduzione del suo fondo esclusivamente o prevalentemente manodopera familiare.

Altro termine che ricorre spesso nei bandi del PSR è il termine ULA, acronimo di Unità Lavorative Anno ovvero quante ore/giornate sono necessarie per essere considerato IAP o CD.
Se per il CD ci vogliono 104 giornate per lo IAP le cose cambiano.
La legislazione ha fissato per un lavoratore agricolo monte ore annuo di 1800 ore, quindi per uno IAP 900 ore(50% del proprio tempo lavorativo), che corrispondono a 140 giornate.
Il requisito del tempo dedicato risulta dalle dimensioni delle coltivazioni e/o dagli allevamenti a cui si dedica il richiedente; attraverso le “tabelle regionali dei valori medi di impiego di manodopera”, che riportano il fabbisogno di manodopera per ettaro di superficie o per capo allevato espresso in giornate/anno.
Nel caso l’azienda sia ubicata in Zona Svantaggiata, la percentuale del fabbisogno di manodopera è ridotto al 25 % (quindi 450 ore, che corrispondono a 70 giornate).
Ogni Regione ha le sue Tabelle ULA basta fare una semplice ricerca all’interno del sito della Regione di appartenenza per trovarle. In linea generale nei bandi dello scorso PSR 2007-2013 a tutti i nuovi imprenditori agricoli veniva richiesto un monte ore pari a 1800 per poter diventare imprenditore agricolo. Si presume che la stessa regola venga applicata per il prossimo PSR. Quindi tutti coloro che intendono diventare imprenditore agricolo professionale dovrebbero iniziare già a pensare a come poter raggiungere questo monte ore, attraverso le potenzialità della propria azienda agricola.

???????????????????????????????Il Commissario Giuseppe Silletti ha presentato qualche giorno fa la propria relazione e il piano anti Xylella alle Camere, intanto però fuori montava la polemica.

Polemica dovuta all'inchiesta giudiziaria della procura di Lecce con le dichiarazioni del procuratore Elsa Valeria Mignone che ha denunciato l'impossibilità di continuare nelle indagini su uno dei filoni, ovvero quello dell'Istituto Agronomico Mediterraneo che gode di immunità. Secondo la pm, come riportato da Famiglia Cristiana, la legge che lo istituì nel 1965 e le modifiche apportate nel 2000 prevedono il divieto di accesso, di perquisizione, di sequestro e di confisca.

Intanto presunti santoni stanno andando in giro per il Salento proponendo "medicine" miracolose. Oltre a panacee e intrugli di composizione ignota, pare che alcuni soggetti si aggirino proponendo anche la vendita di antibiotici (ricordiamo che Xylella è un batterio), il cui utilizzo però è assolutamente vietato in agricoltura.

Nel frattempo Il Piano anti Xylella era stato delineato, frazionando il Salento in zone e suddividendo in due parti nette il territorio con una fascia di eradicazione nella provincia di Lecce dello spessore di 15 km che va dall'Adriatico allo Ionio e ricomprende i comuni di Arnesano, Campi salentina, Carmiano, Copertino, Guagnano, Lecce, Leverano, Monteroni di lecce, Nardò, Novoli, Porto Cesareo, Salice Salentino, Squinzano, Surbo, Trepuzzi e Veglie.

Le prime eradicazioni sarebbero dovute cominciare da Oria, nel brindisino, a partire dai primi di aprile ma il Tar ha bloccato tutto.

Con decreto cautelare pubblicato il 27 marzo, la sezione di Lecce del Tar di Puglia, accogliendo il ricorso dell'avv. Giovanni Pesce, ha bloccato l'eradicazione degli ulivi con sospetto contagio da Xylella Fastidiosa nel terreno di proprietà dello stesso avvocato. Ne dà notizia il legale. Il Tar ha "accolto - riferisce l'avvocato - l'istanza di misure cautelari monocratiche quanto all'eradicazione degli alberi di ulivo". Fissata al 9 aprile l'udienza per discutere sulla richiesta di sospensiva avanzata dal legale.

Il ricorso d'urgenza, con il quale si chiedeva al Tar di fermare l'avvio dell'abbattimento degli ulivi infetti da Xylella, previsto dal 30 marzo prossimo, era stato depositato ieri dagli avvocati Giovanni e Guido Pesce, proprietari di un uliveto con un centinaio di piante a Oria (Brindisi). In particolare sono stati impugnati tutti gli atti del commissario straordinario, Giuseppe Silletti, i verbali di accertamento, le ordinanze, e sono state chieste verifiche più approfondite di tipo documentale e sulle piante.

Secondo quanto emerso dall'approfondimento fatto dai due legali, c'era conoscenza dell'esistenza della Xylella dal 2008, mentre la Regione Puglia ne sarebbe stata consapevole dal 2013.

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downloadIl ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina aveva indicato tra le priorità dell'agricoltura la semplificazione. E al Vinitaly di Verona sono stati presentati i primi risultati del progetto che prevede una robusta sforbiciata agli adempimenti burocratici. È infatti operativo l'invio con un semplice click della domanda di richiesta di aiuti Pac precompilata. Come avviene per il modello 730 l'agricoltore autonomamente o con l'assistenza dei Caa (centri autorizzati di assistenza agricola) può dare conferma dei dati o correggere le informazioni contenute. Il primo invio all'Agea è stato effettuato dalla kermesse scaligera dal ministro Martina (erano presenti Ezio Castiglione, presidente di Ismea che ha un ruolo chiave nella gestione di Annamaria Capparelli - Il Sole 24 Ore - leggi

taglio-alberi"La civiltà di un popolo si giudica (anche) da come si prende cura dei suoi alberi". E' con queste parole che si conclude l'intervento del "Gruppo Verde", composto da docenti e ricercatori del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università di Pisa. Al centro dell'attenzione dunque il patrimonio naturale urbano, una risorsa per il benessere dei cittadini che però va gestito e manutenuto affinché non si trasformi in un pericolo, come successo, ad esempio, durante l'episodio di eccezionale maltempo avvenuto all'inizio di marzo. Ecco quindi una riflessione che vuole coinvolgere scienziati, ma anche amministratori e opinione pubblica. Perché l'idea, apparentemente semplice, ma in realtà complessa - come sostiene il "Gruppo Verde" - è quella di fare "più attenzione per i nostri alberi, piuttosto che doversi ritrovare improvvisamente a fare attenzione agli alberi (che cadono!)".

La recentissima ondata di maltempo e, in particolare,la disastrosa 'bufera' della notte di giovedì 5 marzo impongono alcune riflessioni in merito alla considerazione che la nostra collettività (sia il fronte pubblico che quello privato) riserva al patrimonio arboreo urbano ed extraurbano. Soprattutto si fa riferimento agli alberi presenti in parchi, giardini e viali.

Sono ormai di dominio pubblico e ampiamente descritti dai mass media gli effetti devastanti dell'episodio, che ha provocato in Toscana la caduta di migliaia (forse decine di migliaia) di alberi (in particolare pini, ma non solo: sono crollati o si sono spezzati cipressi, lecci, mimose, olivi, palme, ecc.), ha sconvolto il paesaggio urbano di numerosissime località (si pensi a Forte dei Marmi, al Parco della Versiliana e alle Cascine, al viale di Bolgheri), inflitto danni enormi, oltre che all'agricoltura e all'industria, anche a centinaia di edifici pubblici e privati e ad altri beni (es. veicoli), comportato disagi infiniti ai cittadini e alle famiglie (ritardi nei trasporti, chiusura delle scuole, interruzioni dei servizi, ecc.) e causato rischi incredibili per l'incolumità delle persone. Il bilancio in termini di perdita di vite umane o di lesioni è stato incredibilmente modesto, ma soltanto perché l'episodio è avvenuto nel cuore della notte. Per anni saranno evidenti le conseguenze, anche in virtù del fatto che stanno per innescarsi cruenti dispute legali per il risarcimento dei danni patiti dai singoli, molte delle quali vedranno coinvolte le compagnie di assicurazione così come altrettante non vedranno mai una conclusione certa alla luce della 'eccezionalità' e della 'imprevedibilità' dell'evento atmosferico.

Una prima domanda sorge spontanea: l'evento era veramente inimmaginabile? Sarebbe stato possibile limitarne gli effetti? La risposta è tutt'altro che semplice e richiede approcci multidisciplinari. Ci limitiamo in questa sede a ritenere effettivamente anomalo, o quanto meno inusuale, l'episodio (velocità del vento da nord-est), stanti le prime segnalazioni che fanno riferimento a raffiche di gran lunga superiori a 100-130 (150?) chilometri orari: indubbiamente una situazione fuori norma, della quale non si ha memoria, ma saranno i fisici dell'atmosfera a esprimere le loro valutazioni. Un vento particolarmente violento, dunque, ma è sufficiente questo a giustificare la strage di alberi che si è verificata? Sì, perché è proprio al crollo delle piante arboree che va ascritta la quasi totalità dei danni lamentati. Entrano in gioco, allora, altri fattori, quali, ad esempio, la scarsa tenuta degli apparati radicali, a seguito delle abbondanti piogge che negli ultimi mesi hanno interessato la nostra regione. Ma siamo sicuri che, anche in questo caso, non vi sia un contributo rilevante da parte dell'incuria e della carenza di attenzioni da parte dell'uomo nei confronti delle piante in fase sia di progettazione degli arredi verdi urbani sia di allevamento e gestione degli spazi a verde?

Occorre precisare che, verosimilmente, una frazione significativa degli alberi crollati si presentava in apparenti buone condizioni di salute e di manutenzione, per cui si potrebbe ipotizzare che soltanto l'eccezionalità del fenomeno abbia innescato le disastrose conseguenze di cui stiamo parlando. In realtà nella maggior parte dei casi di crollo di alberi 'in perfetta forma' è possibile evidenziare come le condizioni di accrescimento degli apparati radicali fossero fortemente compromesse dalla presenza di compattamento del suolo, di asfaltature soffocanti, dall'insufficiente volume di suolo per lo sviluppo delle radici (marciapiedi, cordoli, manufatti edili, ecc.) o dalla eccessiva vicinanza tra le piante stesse che hanno determinato la crescita di 'giganti dai piedi d'argilla' crollati (appunto) al primo soffio di vento un po' più forte.

In tantissimi altri casi, però, a fare le spese dell'evento eccezionale sono stati alberi già compromessi da situazioni sanitarie precarie e su cui i gestori del verde urbano e delle alberate stradali non hanno più trovato il tempo e le risorse per la loro cura. A questo proposito, è indispensabile riflettere sul fatto che non da ora, e per vari motivi (per lo più di natura economica), il patrimonio arboreo risulta trascurato, venendo meno le indispensabili operazioni colturali, a cominciare dalle potature e dai diradamenti delle alberate o degli aggregati arborei troppo fitti. Ma, più in generale, le Amministrazioni pubbliche tendono a considerare le piante solo come una (importante) voce di costo, senza riuscire a valutarne adeguatamente i (molteplici) benefici per il cittadino. Così, risulta difficile (magari con la 'complicità' involontaria del cosiddetto 'patto di stabilità') reperire risorse per programmare censimenti del verde, attività di monitoraggio delle condizioni di salute delle piante, interventi di manutenzione ordinaria e razionale, corsi di formazione e aggiornamento degli operatori. Si finisce con il limitarsi ad operazioni di pura emergenza, magari per rimuovere tronchi o branche crollati al suolo; spesso, addirittura, anche questi interventi vengono rimandati nel tempo fino a quando, fatalmente, non si verifica un evento eccezionale come quello del 5 marzo. Emblematica è la situazione del Viale D'Annunzio, a Pisa, della Via del Brennero, tra Pisa e San Giuliano, e dell'Aurelia a Madonna dell'Acqua, dove centinaia di platani secolari sono stati decimati dal 'cancro colorato' (malattia crittogamica che ha come principale, quasi esclusivo, vettore la motosega infetta che trasmette l'inoculo da un individuo infetto ad uno sano) e dove gli alberi morti sono stati lasciati per anni in sede, fino ad essere aggrediti da altri microrganismi e insetti e diventare fattore di grave rischio per l'incolumità del cittadino. Ci sono voluti interventi di somma urgenza (si era sfiorata la disgrazia) dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile per abbattere le piante morte (e pensare che questa operazione è obbligatoria per legge!).

Oggi il mondo della ricerca ha sviluppato tecniche di indagine ('diagnostica per immagini') ripetibili e riproducibili, capaci di valutare le condizioni interne del tronco e fornire indicazioni allo specialista se l'albero "abbia le carte in regola" per stare in piedi. Protocolli validati a livello internazionale consentono di formulare giudizi in forma strutturata e di mettere in evidenza gli interventi prioritari. Anche il settore della didattica universitaria ha raccolto queste opportunità e da tempo l'Università di Pisa eroga corsi finalizzati alla formazione di figure professionali competenti nel campo della progettazione e gestione del verde urbano e del paesaggio, esattamente quelle che possono indirizzare le Amministrazioni pubbliche e i privati nella scelta delle specie vegetali più idonee e dei piani di intervento razionali. E, sia chiaro, le piante non sono eterne e arriva anche il momento di abbatterle, a 'fine carriera'. In ambito urbano, fortemente antropizzato e fonte di incredibili stress per gli alberi che vi crescono, la vita media di un individuo arboreo risulterà sempre ridotta rispetto a quella di alberi cresciuti nel loro contesto biologico naturale: l'importante è che si prenda coscienza di queste limitazioni alla durata della vita di un albero in città e che ciò avvenga nell'ambito di programmi integrati di turn over periodico delle alberature e di riqualificazione ambientale. E' ciò che sta per avvenire a Castiglioncello, dove i ricercatori del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università di Pisa stanno coadiuvando i tecnici comunali in un complesso piano di interventi, sviluppato con il coinvolgimento diretto dei cittadini, e finalizzato a rimuovere i non pochi elementi di rischio presenti nella vetusta Pineta Marradi. Un intervento analogo è stato recentemente portato a termine nel Parco della Pace a Pontasserchio.

La civiltà di un popolo si giudica (anche) da come si prende cura dei suoi alberi e i nostri decisori pubblici dovrebbero dedicare maggiore attenzione a questi argomenti: ne va di mezzo anche la qualità della vita dei cittadini (e pure la loro incolumità!). In sintesi si potrebbe dire semplicemente che per una serena convivenza tra alberi e cittadini occorre avere 'più attenzione per i nostri alberi', piuttosto che doversi ritrovare improvvisamente a 'fare attenzione agli alberi (che cadono!)'.

"Gruppo Verde" del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell'Università di Pisa

20 marzo 2015       fonte

vino-cantine-italia-U101753536568uC--258x258@IlSole24Ore-WebUn primo colpo di scure sulla burocrazia del settore vino. Il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, ha firmato il decreto attuativo del provvedimento “Campolibero” (il dl 91/2014) che consente la “dematerializzazione” dei registri di carico e scarico nel settore vitivinicolo. Il provvedimento rappresenta inoltre il primo step sul percorso di sburocratizzazione avviato nel settore vitivinicolo e che conoscerà una seconda tappa importante nei prossimi giorni nel corso del Vinitaly di Verona (dal 23 al 25 marzo prossimi) quando sarà presentata di Giorgio dell'Orefice - Il Sole 24 Ore leggi

VineyardLa Riforma della Pac 2015-2020 introduce rilevanti novità per il settore viticolo, in particolar modo con riferimento al Primo pilastro (pagamenti diretti e Ocm). Di fatti, la viticoltura era finora rimasta completamente esclusa dagli aiuti diretti della Pac e il sostegno al settore era affidato all’apposito Programma di sostegno contenuto nel Regolamento sull’Ocm unica.
La grande novità introdotta dalla riforma prevede l’assegnazione di pagamenti diretti anche alle superfici viticole. Vediamo quali saranno i principali cambiamenti che interesseranno il comparto viticolo a partire dal 2015.

Criteri di assegnazione
La Riforma dei pagamenti diretti prevede innanzitutto una nuova assegnazione dei diritti (o titoli) all’aiuto, che avverrà sulla base della Domanda Unica (DU) 2015. La maggiore novità che interessa in particolar modo il settore viticolo è rappresentata dal fatto che fra le superfici ammissibili – che potranno dunque essere abbinate ai titoli per ricevere i pagamenti diretti – figurano per la prima volta anche i vigneti. Ne consegue che all’atto della presentazione della DU 2015 i viticoltori specializzati (o, ad ogni modo, le aziende con superfici viticole) potranno richiedere l’assegnazione dei titoli anche sulla superficie coltivata a vigneto e, in seguito, potranno abbinare annualmente tale superficie ai diritti all’aiuto per ottenere i pagamenti diretti.
Occorre precisare che per poter beneficiare dei nuovi titoli bisognerà inoltre essere “agricoltori attivi” (tabella 1), nonché dimostrare di aver attivato almeno un diritto all’aiuto nel 2013; vista e considerata la loro particolare condizione, in deroga al regolamento, i viticoltori specializzati saranno ad ogni modo esentati dal possesso di quest’ultimo requisito.
Un’altra novità molto importante riguarda il cosiddetto “spacchettamento” dei pagamenti diretti. Il MIPAAF (Dm n.6513 del 18/12/2014) ha infatti deciso di attivare ben cinque componenti di aiuti diretti (tabella 2):
–    Il pagamento di base, destinato ai possessori dei nuovi titoli all’aiuto;
–    Il pagamento ecologico, che comporta una maggiorazione del valore dei titoli;
–    Il pagamento per i giovani agricoltori, che comporta un ulteriore aumento del 25% del valore dei titoli posseduti da imprenditori agricoli under 40 insediatisi dal 2010 in poi come capoazienda;
Il pagamento accoppiato (art. 52), svincolato dal possesso dei titoli e destinato a produzioni/comparti specifici tra i quali però non risulta quello viticolo;
Il regime semplificato per i piccoli agricoltori, che sostituisce le sopraelencate componenti sotto forma di pagamento forfettario compreso azienda tra i 500 e i 1.250 €/azienda.

Il valore dei titoli
Tutti i particolari nell’articolo a firma Stefano Celiberti pubblicato su Terra e Vita  n.11/2015

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olivoLotta contro il tempo per difendere gli ulivi salentini dalla Xylella fastidiosa, il batterio killer che ne provoca il disseccamento e la morte e che ha contaminato, sinora, almeno 90.000 ettari di superficie. Al massimo entro fine aprile dovrà termine l' estirpazione degli ulivi infetti individuati nella fascia compresa tra il leccese e Oria, nel brindisino, larga 15 kilometri ed utile per creare un'area cuscinetto tra quella già contagiata ed il resto della Puglia. Il tempo di notificare le ordinanze ai proprietari degli ulivi e «nei prossimi giorni - dice il commissario governativo, Giuseppe Silletti – dovranno partire le estirpazioni a di Vincenzo Rutigliano - Il Sole 24 Ore - leggi

master_fratus_edizionideicammini_reduxE’ finalmente disponibile l’allegato tecnico che uniforma i criteri minimi di monumentalità dimensionale su scala nazionale dei patriarchi arborei, superando de facto le diverse normative regionali che era state determinate fino all’ approvazione delle legge 10 del 2013 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani) e del decreto interministeriale del 23 ottobre 2014 (Istituzione dell’elenco degli alberi monumentali d’Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento).

Si tratta di criteri conservativi che puntano a valorizzare gli alberi già riconosciuti dalle realtà locali: ad esempio il limite minimo relativo alle specie di cedri, sequoie, platani e faggii viene stabilito a 400 cm (apd), per araucarie, calocedri e ippocastani è 350 cm, i castagni a 450 cm.

Il lavoro è stato realizzato dal dottore forestale Angela Farina e dalla sua équipe in seno al Corpo Forestale dello Stato.

>>> Scarica la scheda coi valori minimi di monumentalità

>>> Pagina CFS – Allegati tecnici Campagna Alberi Monumentali e Criteri minimi di monumentalità

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