Piccolo, ma pericolosissimo per l’ambiente. E anche per il portafoglio. La Popillia japonica, scarabeo asiatico in grado di attaccare fino a trecento specie vegetali, è ormai arrivato anche in Italia. Dall’estate scorsa si susseguono gli avvistamenti nel Parco del Ticino e in altre zone tra Lombardia e Piemonte, segnalazioni che hanno spinto gli enti regionali a intervenire.
Gravi danni
L’insetto è giunto in Europa continentale da poco tempo, prima era stato individuato solo nelle Azzorre, ma già preoccupa in quanto è in grado di causare ingenti danni. Negli Stati Uniti, dove è comparso per la prima volta all’inizio del Novecento, «venivano stimati già nel 2004 costi di circa 450 milioni di dollari per la lotta all’insetto e per i danni arrecati», spiega un documento della Regione Piemonte pubblicato a fine febbraio. «Per i gravi danni che può arrecare è inserito tra gli organismi di quarantena (direttiva 2000/29 CE e lista A2 dell’Eppo-European and Mediterranean Plat Protection Organization) di cui deve essere vietata l’ulteriore introduzione e diffusione in altre aree europee», scrive Davide Michelatti, dirigente del settore fitosanitario della Regione Piemonte. «Gli adulti, che volano da giugno a settembre, sono polifagi e negli Stati Uniti si alimentano su oltre 300 specie vegetali tra cui sono comprese piante spontanee, ornamentali, colture di pieno campo, da frutto e forestali. Tra le specie d’interesse agrario si possono ricordare: mais, melo, pesco, soia, vite e molte altre».
Contrasto alla diffusione
Per questo gli interventi sono stati immediati e condivisi con altri enti: «Il settore fitosanitario del Piemonte, in collaborazione con l’Ente Parco del Ticino, ha subito attivato i primi interventi di monitoraggio sulla diffusione dell’insetto e di contrasto allo sviluppo della sua popolazione mediante raccolta manuale degli adulti sulla vegetazione e sistemazione di una sessantina di trappole per la cattura massale. Complessivamente sono stati raccolti circa 27.500 esemplari». Da questi dati è partita la decisione di compiere un ulteriore passo avanti: individuare le aree del focolaio e quelle tampone. In tutto sono coinvolti i territori, interi o per alcune parti, dei Comuni di Pombia, Marano Ticino, Oleggio, Bellinzago Novarese, Cameri e Galliate, Romentino, Mezzomerico, Divignano, Varallo Pombia e Novara. E questo solo per cercare di limitare subito l’espansione del piccolo ospite in grado di oltrepassare qualunque controllo doganale.
Difficile l’eradicazione
Anche in America, nonostante i massicci investimenti, non è riuscita l’eradicazione dello scarabeo. E, come avverte l’agronomo dell’Università di Catania Santi Longo sul periodico dell’Accademia dei Georgofili, il pericolo è duplice perché l’insetto attacca le piante da sopra e da sotto: «Gli adulti, lunghi in media 1 centimetro, dal torace verde brillante e dalle ali color rame o bronzo, con caratteristici ciuffi di peli bianchi ai margini dell’addome, si alimentano di foglie, fiori e frutti, mentre le larve terricole rodono le radici di piante erbacee spontanee e coltivate». Non a caso è stata anche descritta come «la larva che può mangiare un prato da sotto».
Non solo Xylella
Un ulteriore allarme come ormai sta diventando normale per il mondo agricolo e non solo:le specie pericolose importate dagli altri continenti sono ormai centinaia. E ci sono anche i batteri, come la Xylella che sta uccidendo olivi e agrumi nel Sud Italia e che pare, a quanto riportato dal presidente della Coldiretti lombarda Ettore Prandini, sia arrivata anche in Brianza infestando piante di caffè ornamentali.
Lotta totale
Gli scarabei come la Popillia japonica si vedono e si riescono almeno a limitare, anche se una soluzione definitiva non c’è. Nelle normative europee l’impiego di insetticidi è visto come una soluzione temporanea: meglio introdurre un predatore naturale della specie aliena infestante. Ma si utilizzano anche altri strumenti: per contrastare una vespa particolarmente dannosa per le api, più aggressiva del calabrone verso l’uomo, in Lombardia si sta studiando anche l’utilizzo di piccoli radar per trovare e distruggere i nidi. Segno che ormai la lotta all’invasione è a tutto campo.